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domenica, settembre 18, 2016

Sport e risultato: considerazioni sul senso etico, formativo, ontologico della pratica sportiva nell'avviamento giovanile

Ci si interroga spesso sui motivi per i quali  indirizzare i nostri giovani alla pratica sportiva e una delle domande sicuramente più controverse riguarda l'effettiva validità del perseguimento del risultato come obiettivo regolatore nell'insegnamento della pratica sportiva.
Vorremmo a tal proposito chiarire alcuni concetti-chiave nella comprensione del nesso sport-agonismo-competizione-risultato, nell'avviamento alla pratica sportiva dei giovani.
Nella pratica concreta e quotidiana dello sport, alla quale cerchiamo di indirizzare i nostri giovani, che rapporto sussiste veramente tra modello vincente, risultato sportivo e i valori di natura morale e formativa cui dovremmo avvicinare i nostri giovani. Il perseguimento del risultato deve essere messo da parte nell'insegnamento dello sport? O al contrario proprio la definizione di obiettivi, purché stabiliti in maniera realistica e adattati al singolo individuo, costituisce un momento di crescita umana oltre che perfezionamento atletico ?
Quando guardiamo un campione trionfare in una prova olimpica e ne rimaniamo affascinati, sino alla commozione, questo avviene sopratutto per un fenomeno interiore di empatia, ovvero per un procedimento interno di partecipazione all'impresa sportiva. Ci si immedesima nelle gesta del campione, si percepisce per un istante l'emozione che possa scaturire dal provare il raggiungimento della vittoria, della grandezza, dell'eccellenza.
Per lo stesso motivo per il quale esiste tale fenomeno di partecipazione empatica alle gesta sportive di un singolo atleta o di una squadra, scaturiscono fenomeni come quelli del "tifo", nel quale addirittura la partecipazione emotiva raggiunge dimensione tali da consentire la formazione di una comunità umana. Ma lo sport parimenti mostra il carattere ristretto del successo, e che il campione è solo uno, e si affermerà sugli altri grazie ad un connubio di qualità , in parte naturali, in parte legate alla sua migliore preparazione sportiva, ma soprattutto grazie ad una differente “visione”, “sogno”, per citare il grande Muhammad Ali:
<<I campioni non si costruiscono in palestra. Si costruiscono dall'interno, partendo da qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono avere l'abilità e la volontà. Ma la volontà deve essere più forte dell'abilità>>.

Se quindi il campione è un insieme di qualità fisiche, morali, interiori e di una predisposizione alla fatica e al lavoro quotidiano, esso può costituire modello imitativo positivo per tutti e non si può pensare che l'obiettivo del successo sia qualcosa di secondario nella pratica sportiva, o da abolire in nome di una presunta teoria dello sport quale pura pratica fisica, dimenticando che il raggiungimento di un obiettivo è forza motrice dell'animo umano, è linfa vitale del percorso dell'esistenza e migliore antidoto per ogni forma di malessere interiore, tra le cui cause vi è la perdita di motivazioni personali, esistenziali. Si tratterà pertanto di definire e regolare l'entità e la portata dell'obiettivo da raggiungersi, che non potrà essere per ciascun individuo la stessa, ma proprio all'allenatore, agli istruttori sportivi spetterà l'onere di stimolare il ragazzo al perseguimento di un senso valido per se stesso, prima ancora che per chiunque altro.

<<L'uomo può realizzare delle cose stupefacenti se queste hanno un senso per lui.>>
(Carl Gustav Jung)

La pratica sportiva assume un importanza che va oltre il risultato sportivo, laddove essa insegni che nello sport c è molto di più che non solo sport, poiché questo è metafora della vita, poiché in esso si sperimenta il risultato o la perdita, l'assunzione di responsabilità dei propri errori, il confronto con un avversario che è specchio di se stessi, occasione per confrontarci con i nostri limiti.
Lo sport insegna intelligenza tattica, ma soprattutto capacità di perseveranza quando sussistano momenti di difficoltà ed occorra impegno e dedizione per superarli, insegna a vedere noi stessi nella nostra migliore espressione.
La creazione degli obiettivi pertanto dovrà procedere progressivamente e di pari passo con la revisione costante (feedback)degli obiettivi centrati e dei fallimenti, questi ultimi analizzati senza atteggiamenti colpevolizzanti ma rendendo il ragazzo consapevole razionalmente dei motivi alla base degli stessi, evidenziando quelle che si possano ritenere le principali lacune sulle quali intervenire con l'allenamento.
Ed è grazie a quest'ultimo, alla pratica quotidiana, alla fatica , che non dovrà essere temuta o demonizzata, bensì presente nell'educazione del giovane sportivo come componente fondamentale della strada che conduce al risultato. <<Fatica>> che , citando la leggenda dell'atletica italiana e mondiale Pietro Mennea <<non è mai sprecata. Soffri,ma sogni!>>.
Ecco dunque che il modello del campione tornerà ad essere motivo di ispirazione, perché ovviamente nessuno forse potrà mai essere come i più grandi campioni, ma questi potranno costituire esempio, unità di misura non tanto e solo per la grandezza delle imprese sportive, ma soprattutto per la loro attitudine, fino a trasformare noi stessi in qualcosa di migliore, senza rinunciare al nostro personale “sogno”, alla nostra “visione”,poiché si può essere i più grandi campioni della propria esistenza. Essere i Muhammad Ali di se stessi,questa sarà la vera, grande vittoria.

Giorgia Di Paola




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